11
Poco prima delle due del pomeriggio, John Essex, col bavero del cappotto rialzato per difendersi dalla gelida brezza che spirava da nord, si accinse a controllare una per una le vasche della sua coltura di molluschi. Era un allevamento condotto a regola d'arte, questo di Essex, a Coles Point in Virginia: seminava uova di ostrica, ne seguiva lo sviluppo fino a maturazione completa con la massima cura e le trapiantava negli stagni lungo le rive del Potomac.
Era intento a prelevare un campione d'acqua per analizzarlo, quando si sentì chiamare. Una donna, vestita con un cappotto turchino da ufficiale di Marina, avanzava verso di lui sul sentiero serpeggiante tra gli stagni; una bella donna, se i suoi occhi di settantacinquenne non lo ingannavano. Raccolse la strumentazione per l'analisi e le andò incontro, camminando lentamente.
«Il signor Essex?» chiese la visitatrice, con un bel sorriso. «Le ho telefonato qualche ora fa. Mi chiamo Heidi Milligan.»
«Però non mi aveva detto la sua qualifica, comandante», rispose Essex, avendo notato i gradi sulle spalline. Poi sorrise anche lui: «La prego di non scambiare la mia sorpresa per disappunto. Sono un vecchio amico della Marina. Posso invitarla a salire in casa per una tazza di tè?»
«Accetto più che volentieri. Spero solo di non distoglierla dalle sue occupazioni.»
«Niente di così urgente da non poter attendere giornate più miti. Anzi, le dovrei essere riconoscente per avermi evitato una probabile polmonite doppia.»
Heidi inalò l'odore che pervadeva l'aria. «Sembra di essere in un mercato del pesce», osservò.
«Le piacciono le ostriche, comandante?»
«Certo. Se ne ricavano le perle, no?»
Essex rise. «Risposta tipicamente femminile. Se fosse un uomo, le apprezzerebbe per le loro qualità gastronomiche.»
«Un modo come un altro per riferirsi alle loro virtù afrodisiache?»
«Un mito immeritato.»
Heidi arricciò il naso. «Le confesso che non vado e non sono mai andata matta per le ostriche.»
«Buon per me che molta gente abbia gusti opposti ai suoi. L'anno scorso gli stagni che lei vede qui attorno hanno prodotto più di quindicimila tonnellate per ettaro. E, badi bene, mi riferisco al peso netto dei soli molluschi estratti dalla conchiglia.»
Heidi si sforzò di mostrarsi interessatissima a quanto le andava spiegando Essex sulla produzione e la coltura delle ostriche mentre la conduceva, lungo un vialetto di ghiaia, verso la casa in cotto, di stile coloniale, circondata da un meleto. Dopo che l'ebbe fatta accomodare nel suo studio, su un morbido sofà di cuoio, ricomparve con la teiera. Heidi lo osservò attentamente, mentre le versava il tè. John Essex aveva gli occhi azzurri dallo sguardo vivace e gli zigomi alti e prominenti; il resto della faccia era nascosto da un paio di baffoni e da una gran barba bianca. La figura non era minimamente appesantita dall'età e perfino vestito alla buona com'era, con una tuta da lavoro, un cappotto di lana grezza scozzese e un paio di stivaloni alti fino al ginocchio, dai suoi modi traspariva intatta l'antica eleganza da ex diplomatico presso l'ambasciata americana a Londra.
«Mi dica, comandante, la sua è una visita ufficiale?» chiese, porgendole la tazza.
«Oh, no. Sono qui per una faccenda privata.»
Le sopracciglia di Essex s'inarcarono. «Signora, trent'anni or sono avrei potuto interpretare la sua risposta come un invito a iniziare un flirt. Ma adesso, mi rincresce ammetterlo, lei non ha fatto altro che solleticare la curiosità di un vecchio relitto.»
«Non definirei 'vecchio relitto' uno dei più stimati diplomatici del nostro Paese.»
«Acqua passata. In che modo potrei esserle utile?»
«Nelle ricerche per la mia tesi di laurea, ho scoperto per puro caso una lettera che il presidente Wilson scrisse a Herbert Asquith.» S'interruppe per togliere dal borsello la copia che ne aveva fatto e gliela porse. «Come può vedere, accenna a un trattato tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.»
L'anziano uomo s'infilò un paio di occhiali da presbite e rilesse due volte il foglio. Poi alzò gli occhi per guardarla. «Come fa a essere sicura che la lettera sia autentica?»
Senza rispondere, Heidi gli tese le due fotocopie ingrandite dell'istantanea, attendendone la reazione.
William Jennings Bryan, corpulento e sorridente, si stava chinando per salire in una hmousine. Altri due uomini, in piedi dietro di lui, parevano impegnati in una cordiale conversazione. Richard Essex, elegante e distinto, sfoggiava un ampio sorriso, mentre Harvey Shields arrovesciava la testa ridendo di gusto e mettendo in mostra, tra una miniera di capsule in oro, due grossi incisivi sporgenti. L'autista, che teneva aperta la portiera, se ne stava impalato, con un'aria tutt'altro che divertita.
Essex rimase impassibile mentre esaminava i due ingrandimenti. Lasciò passare qualche minuto prima di alzare nuovamente gli occhi. «E lei, comandante, che pesce vorrebbe pescare?»
«Il trattato nordamericano», rispose Heidi. «Non ne esiste traccia al ministero degli Esteri e negli archivi storici. Mi sembra incredibile che un documento di tale importanza si sia volatilizzato scomparendo nel nulla.»
«E ritiene che io sarei in grado d'illuminarla?»
«L'uomo che nel ritratto compare insieme con Bryan è Richard Essex, suo nonno. Ho ricostruito il legame familiare con lei, sperando che le abbia lasciato in eredità incartamenti o lettere che mi potrebbero schiudere una porta.»
Essex le porse un vassoio con il bricco della panna e la zuccheriera.
Heidi ne prese due zollette. «Mi rincresce, ma purtroppo lei sta sprecando il suo tempo. Tutti i documenti personali di mio nonno furono trasmessi, dopo la sua morte, alla biblioteca del Congresso, fino all'ultimo pezzetto di carta.»
«Peccato», sospirò Heidi, delusa. «Ma dovevo tentare.»
«Lei è andata alla biblioteca?»
«Ci ho trascorso quattro ore, questa mattina. Era un poligrafo, suo nonno. Ha lasciato una montagna di documenti postumi.»
«Ha svolto una ricerca anche tra gli scritti di Bryan?»
«Sì, e anche là ho fatto cilecca», confessò Heidi. «A dispetto di tutta la sua scrupolosità e della sua facondia come oratore, non fu certo molto prolifico in fatto di promemoria, durante il periodo in cui era segretario di Stato.»
Essex sorseggiò il tè, riflettendo. «Richard Essex era un uomo meticoloso e Bryan si appoggiava a lui come a un puntello quando si trattava di stilare documenti politici e provvedere alla corrispondenza diplomatica. Gli incartamenti da lui lasciati rivelano un'attenzione quasi morbosa per ogni minimo particolare. Erano rare le carte che passavano attraverso il ministero degli Esteri senza portare la sua sigla.»
«Nel complesso, ho avuto l'impressione che fosse un po' sfuggente, come persona.» Le parole le uscirono di bocca suo malgrado.
Essex si rannuvolò. «Per quale motivo dice una cosa simile?»
«Be', il suo curriculum in qualità di sottosegretario agli Esteri è ben documentato. Però non c'è nulla che ne descriva la personalità. Naturalmente ho trovato i soliti, concisi dati biografici che lo riguardano, luogo e data di nascita, generalità dei genitori, scuole frequentate e così via, tutto elencato in ordine cronologico. Però non ho trovato da nessuna parte qualcosa che ne rivelasse il carattere, i gusti, le propensioni e le avversioni. Persino i documenti in cui riferisce delle proprie attività pubbliche sono scritti in terza persona. Lo paragonerei al soggetto di un ritratto al quale il pittore abbia dimenticato di dare sostanza corporea.»
«Sta forse insinuando che fosse inesistente?» chiese Essex in tono sarcastico.
«No di certo, dato che sto parlando con la prova vivente della sua esistenza», si affrettò a rettificare Heidi, imbarazzata.
Essex tenne gli occhi fissi sulla propria tazza, scrutandone il fondo, quasi vi avesse scorto qualcosa di vago che si delineava. «È vero», riconobbe alla fine. «Oltre ai suoi appunti quotidiani sugli affari del ministero degli Esteri e a un paio di fotografie conservate nell'album di famiglia, sono ben pochi i ricordi rimasti di mio nonno.»
«Lei non ne conserva qualche ricordo dalla sua infanzia?»
Essex negò gravemente, scrollando il capo. «No, morì giovane, a quarantadue anni, lo stesso anno in cui nacqui io.»
«Il 1914.»
«Sì, il 28 maggio, per l'esattezza.»
Heidi gli scoccò un'occhiata colma di stupore. «Una settimana dopo la firma del trattato alla Casa Bianca.»
«Lei può pensare quello che vuole, comandante, ma non ci fu nessuna firma di nessun trattato», disse Essex, paziente.
«Mi scusi, ma lei non tiene in alcun conto le prove?»
«Bryan e mio nonno si recavano alla Casa Bianca con tanta frequenza da perdere il conto delle volte. Quell'annotazione sul retro della fotografia è sbagliata, senza dubbio. Quanto alla lettera, lei ne ha semplicemente ricavato un'interpretazione fuorviante.»
«I fatti collimano», insistette Heidi. «Il Sir Edward nominato da Wilson era Edward Grey, il ministro degli Esteri della Gran Bretagna. E il prestito di centocinquanta milioni di dollari, concesso al governo di Londra una settimana prima della data in calce alla lettera, è stato registrato ufficialmente.»
«Certo era una somma assai considerevole per quegli anni... Però durante i pochi mesi che precedettero la prima guerra mondiale, l'Inghilterra era alle prese con due gravi problemi economici: il finanziamento per un piano di riforme sociali e l'acquisto di armamenti in vista dell'imminente conflitto. Detto in parole povere, aveva un bisogno urgente di denaro, in attesa che venissero approvate le nuove leggi fiscali che prevedevano un aumento delle tasse. Tutt'al più, si potrebbe sostenere l'irregolarità del prestito, che, peraltro, giudicato sul metro internazionale odierno, potrebbe essere definito un affare di ordinaria amministrazione.»
Heidi si alzò in piedi. «Mi rincresce di averla disturbata, signor Essex. Non voglio rubarle altro tempo.»
Lo sguardo dell'uomo anziano si rifece cordiale. «Nessun disturbo. E ritorni tutte le volte che desidera.»
Sulla soglia, Heidi si voltò. «Un'altra cosa. La biblioteca possiede la raccolta completa delle agende mensili di suo nonno, tranne l'ultima, quella del maggio 1914. Pare che sia andata smarrita.»
Essex si strinse nelle spalle. «Niente di misterioso. Mio nonno morì prima d'averla completata. È probabile che sia andata persa, confusa tra la roba scartata quando vuotarono il suo ufficio.»
Essex rimase in piedi accanto alla finestra fin quando la macchina di Heidi non scomparve dietro gli alberi. Poi si accasciò di colpo, curvando le spalle. In quel momento si sentì molto vecchio e stanchissimo. Si avvicinò allo stipetto, un pregevole mobile d'epoca intagliato, e girò la testa di uno dei cherubini dalle orbite vuote che ne ornavano gli spigoli. Un cassettino segreto, poco profondo, scattò fuori dallo spigolo inferiore, a pochi centimetri dal pavimento. All'interno giaceva un libriccino rilegato in pelle, con la copertina decorata d'incisioni e screpolata dal tempo.
Essex si sprofondò in una poltrona, si accomodò meglio gli occhiali e incominciò a leggere. Era un rito, quello, che ripeteva ormai da molti anni, a intervalli irregolari. I suoi occhi non seguivano più le parole tracciate sulla carta; le conosceva a memoria, da un pezzo. Stava ancora seduto là dopo che il sole era tramontato e le ombre si erano allungate, sino a fondersi con la semioscurità. Si strinse il libriccino al petto, intimamente torturato e combattuto dall'indecisione. Il passato si era impadronito di un vecchio solitario, in una stanza ormai buia.